La rinuncia all’azione di riduzione costituisce una donazione indiretta

La rinuncia alla propria quota di legittima, attraverso la rinuncia all’azione di riduzione, può qualificarsi quale donazione indiretta, laddove l’azione produca un vantaggio economico in capo agli altri eredi. Questo è ciò che hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 23036 del 28 luglio 2023.

Focus
25.09.2023

La rinuncia all’azione di riduzione costituisce una donazione indiretta

25 settembre 2023

Focus

La donazione indiretta

La donazione indiretta consiste in un atto che produce gli stessi effetti di una donazione vera e propria (quali: vantaggio patrimoniale per il soggetto ricevente ed impoverimento del donante), pur non avendo la forma giuridica richiesta: atto pubblico e presenza di due testimoni.

La sentenza sopracitata riguardava l’azione di riduzione esperita dal figlio naturale del defunto padre nei confronti della figlia di entrambi i coniugi. La figlia, infatti, aveva ricevuto una donazione da parte del padre ed era stata successivamente nominata erede universale dalla madre premorta al coniuge. 

In quest’ultima occasione, il padre aveva espressamente rinunciato a proporre l’azione di riduzione nei confronti del testamento della defunta moglie per reintegra della propria quota ereditaria, azione che, se esperita, gli avrebbe permesso di ottenere una parte del patrimonio del coniuge. Il padre non aveva pertanto esercitato un suo diritto potestativo disponibile, con l’effetto che, la rinuncia non aveva permesso di verificare l'eventuale lesione della sua quota di legittima e, quindi, aveva reso definitive le attribuzioni patrimoniali nei confronti della figlia.

Secondo la Cassazione, quindi, la rinuncia del coniuge all'azione di riduzione delle disposizioni testamentarie lesive della propria quota di legittima può comportare un arricchimento nel patrimonio della figlia beneficiata, nominata erede universale, tale da integrare gli estremi di una donazione indiretta, se corra un nesso di causalità diretta tra donazione e arricchimento.
    
Nel caso di specie l’interpretazione è stata motivata dalle caratteristiche dell’atto di rinuncia del padre e, in particolare, dall’intento liberale dell’atto e  dall’impoverimento del medesimo, quest’ultimo non inteso come vero e proprio trasferimento di un bene facente parte del proprio patrimonio, ma come “mancato consapevole esercizio della possibilità di arricchire il proprio patrimonio”. La decisione trova, quindi, le sue radici nel fatto che, a seguito della mancata possibilità di aumentare il patrimonio del rinunciante (padre), vi è un impoverimento dello stesso ed un contestuale arricchimento degli altri eredi (figlia). 

La pronuncia della Suprema Corte e le sue ripercussioni pratiche permettono, pertanto, di soffermarsi sull’importanza degli atti donativi per evitare l’insorgere di problematiche successorie.

SCARICA L'INFOGRAFICA.