La donazione indiretta e la circolazione degli immobili

Ben noto nella prassi è l’acquisto di un immobile da parte dei genitori a nome del figlio. Nel concreto l’immobile viene intestato al figlio, ma pagato dai genitori. Gli effetti di questa operazione sono di trasferimento de facto di una somma di denaro dal padre al figlio ma senza le formalità richieste per la donazione.

Focus
05.07.2023

La donazione indiretta e la circolazione degli immobili

05 luglio 2023

Focus

Donazione indiretta e successioni

La giurisprudenza pone l’attenzione sull’arricchimento del beneficiario e quindi sul valore del bene più che sullo specifico bene oggetto di donazione indiretta. Come conseguenza, al momento dell’apertura della successione, gli altri legittimari potranno contestare il valore della donazione indiretta e ridurre la quota di eredità del beneficiato, ma non recuperare l’immobile.

L’atto in questione configura una donazione indiretta. La donazione indiretta è un atto che produce gli stessi effetti della donazione (vantaggio patrimoniale per il soggetto ricevente ed impoverimento del donante) pur non avendo la forma giuridica richiesta: atto pubblico e presenza di due testimoni. 

Qualora il figlio, nell’esempio appena fatto, volesse vendere l’immobile pagato dal padre, il nuovo acquirente si potrebbe trovare in una situazione di potenziale rischio. L’insidia deriverebbe dalla possibilità per i legittimari del donante di esperire l’azione di restituzione. 

Nel caso in cui il padre decidesse di donare indirettamente l’immobile ad uno dei figli (pagandone il prezzo e intestandolo al figlio), ma fossero in vita altri figli del medesimo de cuius, al momento dell’apertura della successione andrebbe verificata un’eventuale lesione della loro quota di legittima (laddove, ad esempio, il patrimonio ereditario residuo non sia sufficiente a soddisfarla).

Ne deriverebbe la possibilità per i figli lesi di agire in riduzione al fine di ottenere la quota di legittima loro spettante. Ci si chiede se, nel caso di specie, sia concesso ai figli di agire eventualmente in restituzione nei confronti dell’immobile donato dal papà al fratello1. Le due azioni infatti tutelano interessi diversi: la prima, di natura personale, è diretta ad ottenere, contro il donatario, l’accertamento della lesione della legittima e l’inefficacia della disposizione patrimoniale lesiva; la seconda, di natura reale, è volta a recuperare, presso chiunque, i beni immobili oggetto della donazione.

Ciò detto, l'acquirente di un bene proveniente da una donazione indiretta è esposto al rischio dell'esperimento dell'azione di restituzione? Si tratta, di verificare se siano applicabili alle liberalità non donative i rimedi recuperatori propri della donazione contrattuale.

Gli interventi della giurisprudenza

La difficoltà per il nuovo acquirente potrebbe consistere, come in caso di donazione vera e propria, nella reticenza delle banche a concedere un mutuo per l’acquisto di un bene pervenuto al venditore per donazione indiretta. Infatti, in caso di azione di restituzione, la banca non potrà far valere l’ipoteca sull’immobile, perdendo il denaro prestato. Questo problema può essere risolto, nel concreto, con la stipula di una polizza assicurativa da parte del venditore a favore dell’acquirente a copertura del rischio di restituzione.

La dottrina, tuttavia, è giunta così a dimostrare che l'azione di restituzione non è applicabile alle donazioni indirette in quanto in tale ipotesi non c'è corrispondenza tra il bene acquistato (immobile) e quanto è uscito dal patrimonio del donante (denaro).

La giurisprudenza è intervenuta in modo costante, nell’ultimo decennio, a mitigare questi pericoli. Partendo dalla posizione che l’oggetto della donazione sia l’immobile (seppur indirettamente) e non il denaro utilizzato per l’acquisto2, emerge che il diritto leso del legittimario sia di credito e non di natura reale. Per questa motivazione l’azione eventualmente esperibile dai legittimari sarà di riduzione e non restitutoria3.

 Art. 561 c.c.
Cass. Civ. n. 9282/1992
Cassazione n. 11496/2010,  confermate anche dalla Cass. civ. n. 15026/2013. Contra, Cass. Sez. n. 4523/2022, con la quale è stato affermato che, nell’ipotesi di denaro fornito dal beneficiante al beneficiario per acquistare un immobile, «si potrebbe ipotizzare un margine di esperibilità del rimedio di cui all'art. 563 c.c., comma 1, poiché esso - nell'assicurare la restituzione del bene - presuppone logicamente che la liberalità abbia ad oggetto quest'ultimo, e non il denaro utilizzato per il suo acquisto».

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