Matrimonio, unioni civili e convivenze di fatto: diritti successori e regimi patrimoniali

Con la legge 76 del 20 maggio 2016 sono state regolamentate le unioni civili tra persone dello stesso sesso e quelle caratterizzate da una semplice convivenza di fatto. Il nostro legislatore ha, così, aggiunto all’istituto del matrimonio, che è caratterizzato da un rapporto affettivo di coppia esclusivamente tra persone di sesso diverso e da stabilità e vincolatività, anche le unioni civili, permesse solo fra persone dello stesso sesso, e le convivenze di fatto.

Focus
26.01.2024

Matrimonio, unioni civili e convivenze di fatto: diritti successori e regimi patrimoniali

26 gennaio 2024

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L'equiparazione fra stato coniugale e quello derivante dall'unione civile

Così come per il matrimonio, al momento della costituzione dell’unione civile è previsto dall’articolo 1 comma 13 della legge 76/2016 che “il regime patrimoniale dell’unione civile tra persone dello stesso sesso, in mancanza di diversa convenzione patrimoniale, è costituito dalla comunione dei beni”. La stessa legge, in conformità con quanto previsto per i coniugi dagli articoli 162 e ss del codice civile, prevede all’articolo 70-octies comma 3 che le parti possono “dichiarare di scegliere il regime della separazione dei beni nei loro rapporti patrimoniali”. La comunione legale dei beni, come previsto dagli articoli 177 e ss del codice civile, è costituita, quindi, anche per le coppie unite civilmente, dai beni acquistati dalla coppia durante il matrimonio, dai frutti dei beni propri della coppia e di ciascuna parte, dalle aziende gestite dalla coppia e costituite dopo la costituzione dell’unione civile. Con particolare riferimento a quest’ultimo punto, se l’azienda apparteneva ad uno solo prima dell’unione civile, la comunione concerne unicamente i suoi utili ed incrementi.

Dopo l'entrata in vigore della legge 76 i rapporti “affettivi di coppia” caratterizzati da “stabilità” disciplinati dal nostro ordinamento sono:

  • il matrimonio che resta consentito solo fra persone di sesso diverso. La disciplina del matrimonio rappresenta il paradigma normativo di riferimento anche per le unioni civili;
  • le unioni civili, consentite solo fra persone dello stesso sesso, per molti aspetti disciplinate facendo riferimento alle norme dettate per il matrimonio;
  • le convivenze di fatto, che possono riguardare sia coppie eterosessuali che coppie omosessuali, che sono unioni caratterizzate da stabilità (comma 36), ma da minor vincolatività e la cui regolamentazione, in particolare per l’aspetto dei rapporti patrimoniali relativi alla vita comune, è principalmente rimessa all’autonomia delle parti conviventi attraverso la sottoscrizione di un “contratto di convivenza”.

I diritti successori delle parti legati da unione civile sono regolati dal comma 21 della Legge, 76/2016 che, equiparando in tutto gli effetti dell’unione civile al matrimonio, prevede l’applicazione dei medesimi articoli del codice civile che disciplinano i rapporti tra i coniugi. Il legislatore ha sottolineato questo aspetto stabilendo che ogni riferimento al coniuge sia riferito anche alla parte dell’unione civile. Continuando con l’equiparazione, il codice civile prevede:

  • all’articolo 565 che la parte dell’unione civile sia compresa nell’eredità legittima;
  • agli articoli da 581 a 585 c.c. la disciplina della successione di una parte dell’unione civile all’altra e in particolare della ripartizione del patrimonio ereditario del de cuius.

Inoltre, la legge 76/2016 ha anche introdotto la parte dell’unione civile tra i legittimari a fianco del coniuge. Oggi, quindi, le persone a favore delle quali è prevista ex lege una quota di eredità sono: il coniuge o la parte dell’unione civile, i figli e gli ascendenti. Come diretta conseguenza di quanto appena affermato, anche le norme che stabiliscono dei diritti in capo ai legittimari si applicano nei confronti della parte dell’unione civile.

Tra questi, in particolare, il codice civile prevede:

  • all’articolo 540, che al coniuge o alla parte dell’unione civile siano riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano e che tali diritti gravino sulla porzione disponibile di eredità e, se quest’ultima non fosse sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva dei figli;
  • all’articolo 542, che la quota spettante al coniuge o alla parte dell’unione civile, in presenza di un figlio sia di un terzo del patrimonio, in presenza di più figli di un quarto. Restano comunque invariate le quote spettanti al singolo figlio (di un terzo) o a più figli (di metà del patrimonio da dividere in parti uguali).
  • all’articolo 544, che nel caso in cui il de cuius non lasci figli, ma solamente ascendenti, coniuge o la parte dell’unione civile, a quest’ultimo soggetto è riservata la metà del patrimonio ereditario ed agli ascendenti un quarto

Il rapporto nascente dalla costituzione di un’unione civile riprende per molti versi le norme dettate per il matrimonio. Infatti, il legislatore tende ad una sostanziale equiparazione fra lo stato coniugale e quello derivante dall’unione civile ed ha previsto all’articolo 13 della menzionata legge l’estensione dei regimi coniugali, previsti dal codice civile agli articoli 159 e ss, anche alle unioni civili.

Le convivenze di fatto non distinguono tra coppie eterosessuali ed omosessuali a condizione che, come per il matrimonio, la relazione sia caratterizzata da stabilità. Inoltre, a differenza del matrimonio e dell’unione civile, le convivenze di fatto prevedono una minor vincolatività e possono essere distinte in due categorie a seconda che siano regolate da un contratto di convivenza o meno.

Nella convivenza di fatto, in ragione della tendenziale stabilità della relazione (nelle parole dell’articolo 1, comma 36 della legge 76/2016, “unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”), pur caratterizzata da una minore vincolatività, gli aspetti patrimoniali della vita comune sono regolati dall’autonomia delle parti. La coppia potrà disciplinare i propri rapporti patrimoniali con la sottoscrizione di un “contratto di convivenza”. Quest’ultimo, previsto dal legislatore con norme in rapporto di specialità rispetto alle più generali disposizioni del codice civile in materia di contratto, può prevedere per i conviventi di fatto un regime di comunione dei beni.

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